STORIA ARCHEOLOGICA

Fondata secondo la leggenda dall’eroe omerico Diomede, Canosa fu tra i più importanti centri indigeni della Daunia prima e della Apulia poi. Le tracce dell’uomo sulle sue fertili terre (i Campi Diomedei) risalgono al Neolitico (6000-3000 a.C.) e si accrescono nell’Età di Metalli.
Nel XII sec. a.C. l’intera regione è caratterizzata dalla presenza di una nuova popolazione, gli Iapigi, che nella Puglia settentrionale prenderà il nome di Dauni.

Nell’ VIII – VII sec. a.C. si sviluppa l’abitato arcaico di Toppicelli, sulla piana ofantina, con palazzi e tombe aristocratiche ricchissime di corredi, appartenenti al ceto emergente dei cosiddetti “principi” dauni.
Attivissimo centro commerciale e dell’industria ceramica, subisce l’influsso della cultura ellenica che, nel corso del IV sec. a.C., le fa assumere il modello urbanistico della polis greca. Sotto la guida dei suoi “prìncipi” diviene nel 318 a.C. città alleata di Roma, accogliendo i Romani anche dopo la disfatta ad opera di Annibale nel 216 a.C. a Canne, piccolo villaggio del suo vasto territorio.

 

Municipium romano dall’88 a.C., sede di industrie produttrici di pregevolissima lana, la “città degli imperatori” annovera una serie di interventi urbanistici secondo il modello romano, tra cui spiccano la via Traiana nel 109 d.C. e l’acquedotto di Erode Attico nel 141. L’imperatore Antonino Pio la eleva al rango di Colonia con il nome Aurelia, Augusta, Pia, Canusium. Sul finire del III sec. diviene capoluogo della provincia Apuliae et Calabriae.

Dal IV è sede della più importante diocesi di Puglia. La “città dei vescovi”, con un grande quartiere episcopale e superbi luoghi di culto, raggiunge il suo apice sotto l’episcopato di San Sabino (514 -566).

Sede di gastaldo in età longobarda tra VII e VIII sec., subisce nel secolo successivo diverse devastazioni ad opera dei Saraceni.

Riacquista un certo rilievo tra XI e XII sec. con i Normanni, grazie al particolare interesse mostrato dal principe Boemondo d’Altavilla ma, dopo gli Svevi, incomincia un inesorabile declino, protrattosi sin al XVIII sec., sotto numerosi feudatari: Orsini del Balzo, Grimaldi di Monaco, Affaitati di Barletta, Capece Minutolo di Napoli.

 

Approfondimenti:

CANOSA: DALLE ORIGINI ALL'ETÀ DAUNIO-ELLENISTICA

(6.000 a.C. - III sec. a.C.)

Canosa è una città di origine antichissima la cui fondazione, secondo la leggenda, sarebbe avvenuta ad opera dell'eroe greco Diomede.
Di sicuro le prime frequentazioni di queste terre risalgono al Neolitico (6.000-3.000 a.C.) e si riferiscono agli spostamenti di piccoli gruppi dediti alla pastorizia; notizie certamente più complete sono quelle inerenti la "necropoli del Pozzillo", un vasto campo di urne dell'età del bronzo (1.800-1.200 a.C.).
Sul finire del XII sec. a.C., l'arrivo di gruppi etnici provenienti dai Balcani, gli Illirii, determina la nascita della civiltà iapigia, successivamente differenziatasi in tre ambiti geografici e culturali: la Daunia, la Peucetia e la Messapia. L'evolversi della compagine sociale porta, nel corso del VII sec. a.C., all'affermazione economica e politica di alcune famiglie; il nuovo assetto si manifesta nella creazione di impianti produttivi e di strutture edilizie particolarmente curate, come per l'insediamento di "Toppicelli", ma soprattutto in un'ingente serie di deposizioni funerarie che vanno dalle semplici tombe a fossa alle più ricercate tombe a grotticella.
L'ulteriore avanzamento, per l'intraprendente classe aristocratica canosina, avviene con l'apertura al mondo ellenico, in un primo momento con la mediazione delle colonie magnogreche di Metaponto e di Taranto, poi, a partire dal IV sec. a. C. e dopo la caduta di Taranto, grazie a una rete sempre più fitta di rapporti commerciali, direttamente con i maggiori centri della cultura ellenistica. A questo periodo attiene la meravigliosa fioritura della società dei principes, come documenta l'arredo architettonico delle poche dimore terrene individuate e soprattutto la sontuosità degli ipogei con i loro corredi di armi, di ceramica a figure rosse, di vasi a decorazione plastica e policroma e di manufatti aurei di incomparabile ricercatezza, segno del prestigio e dell'egemonia raggiunta nella comunità cittadina.
Quando nel 318 a.C. l'espansione romana raggiunge Canosa, da tempo citta-stato indipendente, la ricca e potente classe aristocratica locale fa da deterrente ad uno scontro aperto con Roma e determina la stipula di un trattato di alleanza tra le due città. Così, nonostante la romanizazzione del territorio, Canosa conserva la sua autonomia, ulteriormente garantita dal diritto di battere moneta.

 

CANOSA: ETÀ DELLA REPUBBLICA E DELL'ALTO IMPERO

(III sec. a.C. - II sec. d.C.)

L'inesorabile processo di romanizzazione del territorio segna una battuta d'arresto all'inizio della seconda guerra punica (218a.C.-201a.C.). Tuttavia, la fedeltà che Canosa dimostra a Roma all'indomani dell'epico scontro del 2 agosto 216 a.C., lungo le rive del fiume Ofanto nei pressi di Canne, vicus di Canosa, sarà, al termine delle ostilità, ampiamente ripagata. Proprio a Canosa, dalla famiglia della leggendaria matrona Busa, troverà ospitalità parte dell'esercito romano sconfitto.
La definitiva vittoria sui Cartaginesi e sui loro alleati, grazie alla quale Roma sarà al centro del Mediterraneo, rappresenta per Canosa una nuova fase di splendore e potenza. Nell'ambito della successiva sistemazione delle popolazioni italiche nelle tribù romane, Canosa e il suo territorio sono inseriti nella tribus oufentina.
I buoni rapporti tra le due città si rompono tra il 90 e 88 a.C. quando le comunità apule e la stessa Canosa insorgono schierandosi dalla parte dei soci italici nella guerra sociale. Roma, pur vittoriosa, cede la cittadinanza romana agli sconfitti, i cui centri più importanti, dalla metà dello stesso secolo, vengono organizzati in municipii, comunità di cittadini romani autonome nella giurisdizione amministrativa e penale inferiore, ma totalmente dipendenti da Roma. La città è affidata ad un quattuorvirato scelto da un ordo decurionum composto a sua volta da magistrati locali in pensione, su esemplificazione del governo di Roma. L'omologazione al modello romano influenza ovviamente lo stile di vita indigeno pressoché ellenizzato; ne sono eloquente testimonianza i rituali funerari che, almeno inizialmente continuano a prediligere l'uso degli ipogei; è il caso della nobile fanciulla Medella, figlia di Dasmus, le cui ceneri, deposte in un'urna, secondo un'usanza tipicamente romana, vennero lasciate nell'ipogeo Lagrasta I; l'affermazione dei costumi romani determina, in seguito, l'edificazione di monumenti funebri in laterizi, in alcuni casi di notevoli dimensioni, costruiti agli ingressi della città.
Durante l'età di Antonino Pio (seconda metà II secolo d.C.), l'intervento di Erode Attico, legato imperiale, ricco cittadino ateniese con possedimenti in questa zona, segna la trasformazione di Canosa da municipium a colonia con il nome diColonia Aurelia Augusta Pia Canusium. Il nuovo status s'accompagna ad una vasto rinnovamento urbanistico con la realizzazione dell'anfiteatro, di un acquedotto, di complessi termali, dell'enorme tempio dedicato a Giove e di un Foro fiancheggiato da botteghe.
Agli inizi del III secolo la città, pur scossa dalla crisi politico-amministrativa che investe tutto l'impero, continua ad essere centro di primaria importanza nella regio secunda come documenta innegabilmente la rara tavola bronzea dei decurioni che oltre ai magistrati locali in carica nell'anno 223 d.C. cita un copioso elenco di patroni, cittadini canosini non residenti nel territorio che, per meriti e interessamento verso la città, avevano senatus municipale il diritto di partecipare alle sedute plenarie.

 

CANOSA: L'ETÀ TARDOANTICA E ALTOMEDIEVALE

 (III sec. d.C. - X sec. d.C.)

Il nuovo assetto istituzionale, imposto da Diocleziano (284-305), da Costantino (306-337) e da i loro successori, comportò la divisione dell'impero in prefetture, diocesi e province, queste ultime affidate a correttori prima, a consolari poi, nominati direttamente dall'imperatore con l'incarico di verificare l'equità delle imposte riscosse e garantire gli interessi delle comunità cittadine. La Puglia, maggior granaio d'Italia e sede dell'attivissimo porto di Brindisi, divenne la Provincia Apulia et Calabria (anticamente la Calabria indicava l'attuale Salento); come centro dell'amministrazione imperiale periferica e residenza del governatore provinciale, la scelta ricadde inevitabilmente su Canosa, posta sugli assi stradali più importanti. Del resto, il prestigio della città, già celebrato durante l'alto impero, è confermato dalla tavola bronzea dei decurioni (223 d.C.) che cita un copioso elenco di patroni di rango senatorio, compresi i prefetti del pretorio e dell'Urbe. L'imponente rinnovamento, pur non raggiungendo i risultati sperati, contribuì a rendere all'impero parte del perduto vigore e coincise con l'espandersi e il definitivo affermarsi del cristianesimo. Nella carenza di fonti a riguardo e al di là della suggestiva ipotesi fornita dalla storiografia locale, circa l'istituzione dell'episcopato ad opera dell'apostolo Pietro, nella prima metà del I sec. d.C. è verosimile che a Canosa, i Cristiani, abbiano dato vita a una comunità organizzata, solo a partire dal II sec. d.C. e che questa sia stata elevata a diocesi all'inizio del secolo successivo.
Parallelamente alla supremazia politico-istituzionale che, per la concentrazione di servizi e interessi collegati all'intera regione, comportò trasformazioni sul piano urbanistico, la capacità e l'attivismo dei suoi vescovi, tenuti in gran considerazione dal Vaticano e chiamati a partecipare a importanti concili e missioni, sia a Roma che nella parte orientale dell'impero, favorì il sorgere di superbi luoghi di culto e di articolati spazi per i defunti. Questa felice situazione raggiunse l'apice sotto l'episcopato di Sabino (514-566), il quale, per l'abbondanza di atti conciliari, di epistole papali e soprattutto per i Dialogi di papa Gregorio Magno (590-566) e una biografia anonima dell'VIII-IX sec. - fonti nelle quali è ricordato comerestaurator ecclesiarum - oltre che per l'intensa venerazione di cui fu oggetto dopo la morte, può essere considerato il maggior personaggio storico-religioso dell'alto medioevo pugliese.
La morte del grande vescovo, che privò queste terre di una guida spirituale e civile, l'inizio delle incursioni longobarde unite alle continue scorrerie bizantine, su un territorio a lungo e duramente conteso tra le due fazioni - l'acropoli canosina posta su un eccellente posizione strategica, a controllo dell'intera basse valle dell'Ofanto, fu oggetto di incastellamento, probabilmente già dalla guerra greco-gotica (535-553) - portò alla crisi dell'organizzazione sociale e religiosa di Canosa, su cui, significativamente, cala il silenzio delle fonti.
È solo sul finire del VII sec., con la definitiva conquista longobarda della Puglia centro-settentrionale, che la città ritorna a vivere. Diversi, per portata e per scansione temporale, furono i fattori che, da quel momento, ne alimentarono la ripresa: il ripristino della viabilità sulla Via Traiana ricollegò Canosa a Benevento, adesso capitale di un regno; la conversione dei Longobardi al cattolicesimo permise l'uscita del ducato dall'isolamento politico e il riassetto delle antiche diocesi; infine, tra il VII e l'VIII sec., la scelta di Canosa come sede di gastaldo - un funzionario di nomina ducale con giurisdizione su un territorio che arrivò a comprendere l'intera Terra di Bari - le restituì quell'importanza già esercitata in età tardo antica. La politica riformista avviata dal nuovo princeps gentis longobardorum, Arechi II (758-787), investì tutto il principato di nuova vitalità, visibilmente confluita nel rinnovato fervore religioso e nel restauro delle antiche chiese, compresa la cattedrale di Canosa, dedicata ai Santi Giovanni e Paolo.
Purtroppo l'ingerenza dei nuovi conquistatori franchi (774) e i contrasti interni al principato, esaurirono la renovatio e per Canosa cominciò una lenta decadenza; a tutto vantaggio di Bari, che, intorno alla fine del VIII sec., divenne sede di gastaldo e cominciò ad essere uno scalo obbligato sulle rotte commerciali più importanti; inoltre, la sua diocesi, dopo l'unione con quella canosina, acquistò prestigio e onori. Il colpo di grazia giunse con le devastazioni dei Saraceni che tra l'847 e l'871 ebbero un proprio emirato con capitale pure a Bari. La decadenza fu anche religiosa, perchè Pietro II, primo arcivescovo di Canosa, temendo il peggio, si rifugiò dal Duca di Salerno, Grimoaldo IV, con cui era imparentato. I territori pugliesi, caduti nelle mani dei Franchi, furono riconquistati, qualche anno dopo (876), per l'ennesima volta, dai Bizantini; ma l'opprimente fiscalismo di questi ultimi alimentò il già diffuso malcontento popolare finendo col favorire un nuovo ordine politico, dal quale Bisanzio sarà definitivamente esclusa.

 

CANOSA: L'ETÀ NORMANNO - SVEVA

(XI sec. - XIII sec.)  

La conquista normanna dell'XI secolo offre a Canosa la possibilità di recuperare, sia pure parzialmente, l'importanza avuta sotto i Longobardi, anche se il dominio normanno ha per la città un carattere ambivalente. Dopo l'arrivo in Puglia nel 1015-1016 ed il conferimento, nel 1059, del Ducato di Puglia e Calabria a Roberto il Guiscardo, esponente della casata degli Altavilla, i nuovi padroni privilegiano i centri costieri a scapito di quelli più interni come Canosa, favorendo ulteriormente l'egemonia di Bari e l'ascesa di Canne, già vicus del territorio canosino. D'altro canto, dalla nuova sistemazione del territorio appulo-calabro, esce esaltato il ruolo strategico di Canosa, diventata imprescindibile centro di collegamento fra Melfi, capitale del ducato, Venosa, sede del sepolcro celebrativo degli Altavilla, e la costa adriatica. A questa ragione si possono attribuire i restauri al fortilizio sulla collina detta dei SS. Quaranta Martiri ed un presumibile ripristino - sia pure in dimensioni ridotte - delle mura della città. Forse a questo stesso ruolo strategico potrebbe essere attribuito l'interesse per Canosa da parte di Boemondo d'Altavilla, figlio di primo letto del Guiscardo, che contende lungamente la città al fratellastro Ruggero Borsa, al quale era stata formalmente assegnata dal padre. I suoi frequenti soggiorni a Canosa lo portano a promuovere un radicale restauro della cattedrale, che forse per suo stesso interessamento viene solennemente consacrata a San Sabino nel 1101 dal papa Pasquale II, convenutovi per un Sinodo con altri vescovi meridionali. Perciò alla sua morte, nel 1111, il principe non può che esservi sepolto, nel mausoleo che porta il suo nome.
Con la morte di Boemondo termina per Canosa, la breve ma florida stagione inaugurata dal principe normanno, anche se la città non rimarrà esclusa dalla considerazione dei successori del Guiscardo; questi infatti doneranno alla Chiesa canosina numerosi possedimenti e alla cattedrale il titolo onorifico di Cappella Palatina. La politica di assetto del territorio non muta molto, con l'avvento al potere della dinastia sveva, dopo complicate vicende dinastiche. Continua infatti per Canosa il declino sia commerciale che come centro politico e amministrativo della regione, anche a causa dalla rifondazione sveva della vicina Andria. Tuttavia, la sua posizione geografica, al centro dei possedimenti svevi, impone all'imperatore Federico II di intervenire sulla cattedrale e sulla fortezza, quest'ultima amministrata, per la sua importanza determinante, direttamente dalla corona. La morte di Federico II e i contrasti tra Manfredi e il Papa circa il dominio sul regno meridionale, videro coinvolta Canosa e il suo castello, nel quale Manfredi risiede spesso durante le continue lotte contro i baroni del Regno. Adibito a prigione, insieme a Castel del Monte, dal re Roberto d'Angiò, il castello canosino è testimone anche di una delle ultime fasi della dinastia sveva; qui infatti furono rinchiusi alcuni congiunti di Manfredi, i cui figli, successivamente, sarebbero stati addirittura sepolti nella cattedrale dedicata a San Sabino.

 

 

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